FIRENZE - Non è stato il referto dell'arbitro Giua di Pisa o il supplemento di rapporto reso dall'assistente numero 1 Pancioni di Arezzo a azionare la mannaia del Giudice Sportivo che si è abbattuta su Piero Braglia, squalificato 3 turni dal Giudice Sportivo.

Secondo una nostra esclusiva confermata dalle carte federali di cui siamo in possesso e che riguardano la vicenda nessuno della terna arbitrale ha udito gli insulti e le bestemmie di Braglia, tanto che nessun ufficiale di gara ne ha fatto menzione nel rapporto di gara stesso.

Ad intervenire a posteriori, a fine gara, è stata la Procura Federale, presente come su tutti i campi dei professionisti con alcuni dei suoi ispettori. La Procura Federale ha l'ordine di non intervenire a gioco in svolgimento e non può interferire sull'operato dell'arbitro, ma il referto reso a fine gara dagli ispettori della Procura Federale ha pieno valore in sede di giustizia sportiva. Per questo Braglia non è stato allontanato immediatamente dal campo una volta proferite le frasi ingiuriose e blasfeme, poichè tale segnalazione di infrazione non è arrivata dalla terna arbitrale, che ha proseguito come nulla fosse accaduto, ma dagli uomini della Procura Federale.

Aggiungiamo un altro particolare pesante, che potrà sconfortare quanti credono all'ipotesi di un ricorso.

La consuetudine giuridica sportiva attribuisce molto valore all'operato degli ispettori della Procura Federale presenti sui campi; in caso di ricorso del Lecce avverso a questa stangata di 3 turni di stop sarebbero davvero marginali se non del tutto nulle le opportunità di ribaltare la decisione o ridurla. La sanzione è rafforzata infatti dalla valenza dei suoi protagonisti, ossia gli ispettori della Procura Federale. Molto più semplice sarebbe stato un eventuale ricorso contro una decisione assunta solo dalla terna o contenuta nel referto di gara.