Su SoloLecce.it. LE PAGELLE POCO SERIE. Non prendetele sul serio
Tornano le nostre "freddure" sulla prestazione dei giallorossi: da non perdere
LECCE - Ecco anche per questo turno di campionato le pagelle poco serie di SoloLecce.it. Da non perdere, ma anche da non prendere troppo sul serio…, mi raccomando!
GABRIEL - A lungo inoperoso si fa sfuggire qualche pallone che sembra “saponato”. Prende due tiri, prende due gol. VOTO 5.5.
MAGGIO - Mestierante del martedì sera. Con un pizzico dello sconfinato senso della posizione che avrà accumulato dopo 500 gare da professionista si trova qualche volta nel posto giusto al momento giusto. Qualche volta, neanche sempre… Per il resto prestazione scadente. VOTO 5.
PISACANE - Va per funghi in occasione del pareggio bresciano. Aveva già acceso la “spia” rossa della riserva da qualche minuto, toccato duro in un contrasto, ma Corini lo tiene in campo, preferendo l'inutile Gallo (non ce ne voglia il ragazzo) all'ingresso eventuale di Meccariello. Un'altra scelta infelice del tecnico giallorosso. VOTO 4.5.
LUCIONI - Come sempre appariscente e scenografico in chiusura, questa volta dimostra di esserci e di essere anche concreto. VOTO 6.5.
ZUTA - Prestazione a lungo largamente sufficiente per “garra”, solidità tattica, corsa. Va in pre-embolia da stanchezza nel finale e dalle sue parti nasce il cross del pari. Ma anche Gallo non gli offre aiuto. Peccato, è una macchia grossa. VOTO 5.5.
HJULMAND - E' ancora lì che corre, avvisatelo. Anarchico del calcio, va dove al momento lo portano i polmoni, ossia in tutte le zone del terreno di gioco, alla Kantè. Da migliorare molto c'è il tiro. VOTO 7.
TACHTSIDIS - Se Hjulmand è Kantè e interpreta il ruolo in modo moderno il suo calcio è quello di Oriali, del passato. Anzi… compassato. Lento e sempre in ritardo. Apporto inutile. VOTO 4.
MAJER - Subentra al “Taxi”: un paio di buone trame. VOTO 6.
BJORKENGREN - Lo svedesino timido sta tirando fuori le unghie. Bene nelle due fasi, per diventare centrocampista “muscolare” mancano solo… i muscoli. Hai detto niente! C'è molto da lavorare, è giovane e senza struttura fisica definita, un ragazzo venuto via da un calcio che va a due all'ora trasportato in tutto un altro contesto di agonismo. Si può fare solo meglio: qualche fettina di carne in più e tanta applicazione. VOTO 7.
NIKOLOV - Il suo subentro a Bjorkengren è da visita specialistica. Sì, ma per Corini. VOTO 5.
MANCOSU - Fortunatamente la sua partita in ciabatte dura un solo tempo. Svogliato. Capitano Schettino. VOTO 4.
HENDERSON - Entra e in posizione di trequartista fa in quarantacinque minuti i movimenti propri del ruolo che Mancosu non ha ancora fatto in tutto un campionato. VOTO 7.
CODA - Se le occasioni fallite sono quelle tipo Lecce-Ascoli allora meglio mettersi a servire assist: lo fa, bene, nell'unica illuminazione di giornata. Per il resto è una presenza impalpabile in avanti. VOTO 5.
GALLO - Entra per rafforzare gli ormeggi a sinistra e da sinistra nasce il pareggio. Davvero complimenti. VOTO 4.
STEPINSKI - Non gli riesce un controllo del pallone pulito neppure chiamando una camionetta dei Carabinieri e minacciandolo con le armi. Mamma mia. Squallore. VOTO 4.
RODRIGUEZ DELGADO - Ha l'argento vivo addosso e segna una rete che appartiene al DNA dei “grandi”: capacità di attaccare la porta, senso della direzione del pallone, cattiveria. Poco servito si rende pericoloso solo per conto suo, visto che i compagni prevalentemente e inspiegabilmente lo continuano a snobbare (come aveva fatto Mancosu a Pordenone, ignorandolo più volte). VOTO 7.5.
CORINI - Per un tempo è il suo Lecce, quello che non imbrocca tre passaggi di fila, svogliato, senza verve, compassato e che girovaga per il terreno di gioco in attesa di una invenzione dei singoli. Senza uno straccio di idea. Poi butta fuori tutti i senatori a vita della rosa e si regala venti minuti d'assalto sbarazzino, quello dei giovani della squadra. Alla fine torna nel tritacarne delle sue paure, tra i fantasmi di perderla o pareggiarla ancora. Cosa che puntualmente accade. Combina un disastro e trasmette alla squadra la sua impietosa insicurezza di tutto. Lo fa contro una squadra alla frutta, di cadaveri, senza due calciatori squalificati centrali nel gioco delle “rondinelle”, senza allenatore che parli italiano e che conosca anche solo per nome i suoi uomini, senza la punta di riferimento che si prende una giornata da “Chi l'ha visto” e praticamente non tocca un pallone. Insomma riesce a pareggiare contro il niente, contro una squadra allo sbando. Che cosa possiamo aspettarci di positivo dal prosieguo? A sommatoria regala un tempo, risistema tutto e poi si suicida. Ne ha vinte due nelle ultime tredici, i numeri contano, non possono non contare sempre. La sua “energia positiva che ci portiamo dietro da questa partita” di cui parla ogni santa volta in Sala Stampa a questo punto avrebbe dovuto accumulare la forza dinamica di una centrale nucleare. Invece il suo Lecce è un cerino acceso in mezzo al vento. Peccato: è un ragazzo preparato, che abbiamo accolto con grandissimo entusiasmo. Grandissimo. Ma noi non “proteggiamo" nessuno, a noi non ce ne frega nulla di farceli amici, li giudichiamo per le emozioni che sanno regalare. Le emozioni del Lecce di Corini? Una sola, la rabbia. VOTO 4.
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