Editoriali

Il punto tattico: l'abbiamo vista così. Cosa va e cosa no

Lecce-Catanzaro sotto il nostro faro tattico

LECCE - Il 1° Lecce di Antonino Asta non ha deluso le aspettative.

Nessuno al "Via del Mare", finalmente caldo in tutti i sensi, si aspettava subito il calcio-champagne, ma almeno una formazione aggressiva, di lotta, sempre in partita, sempre a mordere. Così è stato.

Il modulo - Come prevedibile è stato utilizzato il 4-2-3-1, un sistema di gioco che garantisce ad Asta una copertura del campo molto accurata, spesso con una distanza tra reparti davvero esigua, tanto da far giocare le due squadre per 50/60 minuti in un fazzoletto di campo, prima che si allungassero tutti per stanchezza. Abbiamo visto un Lecce mai sfilacciato, dal punto di vista tattico; solo qualche giocata individuale ha messo in pericolo Benassi. Non si sono riviste, insomma, le scene di panico collettivo o gli isterismi dell'era Lerda, quando bastava un minimo scossone a far saltare gli equilibri anche psicologici della partita. Nervi saldi e via.

Cosa va - La linea giovane. Gigli è con tutta certezza un difensore dalla grande prospettiva. Lo si vede già da come si muove; l'occhio lungo di Corvino ha colpito ancora... Padrone della situazione anche il giovane Kalombo sulla destra, benino anche Morello sulla mancina, prima che i crampi e la stanchezza prendessero il sopravvento. Certezze in mediana: De Feudis e Papini giocano insieme da 1 mese o da una vita?

Cosa non va - Gli individualismi di Doumbia, soprattutto, e la palla troppo portata da Herrera. L'ha detto in Sala Stampa anche lo stesso Asta: occorre far girare di più il pallone e giocare coralmente, piuttosto che provare l'affondo dei solisti. Da rivedere tutta la fase offensiva, dove Moscardelli è apparso assai appannato (la preparazione massacrante?), mentre i giovani che sono subentrati in corsa hanno convinto, dato brio (su tutti Rosafio). Nel complesso in avanti siamo stati farraginosi e spesso lenti di pensiero: bisogna accelerare.

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