L'EDITORIALE. Non si tratta di darla vinta a qualcuno, ma di farsi una domanda semplice: NE VALE LA PENA?
Ecco la nostra attesissima riflessione a margine del "caso" Chiricò
LECCE - Bisogna sempre capire cosa si persegue, nella vita. Se il risultato fine a sè stesso o l'affermarsi di alcuni principi, giusti o sbagliati, ma comunque che attengono alla sfera valoriale di ognuno di noi.
Lo sport, il calcio, è lo specchio della società, i tifosi italiani poi non ne parliamo: sono come il loro popolo, estremamente "elastici"...
Il mondo è fatto così: c'è chi si piega, chi è ambizioso, chi per il successo personale farebbe qualunque cosa, senza scrupoli, o accetterebbe qualunque angheria o sottomissione pur di affermarsi. Poi c'è la grande fetta della "normalità", le persone che si muovono nelle regole, nella tranquillità dei rapporti, magari ingoiando qualche rospo pur di sopravvivere. E poi c'è chi non scende a compromessi, non si piega, tiene una linea di coerenza giusta o sbagliata che sia.
Ecco, il mondo del tifo è fatto allo stesso modo della nostra società, delle nostre fabbriche, dei nostri uffici, del nostro normalissimo spaccato di vita. C'è chi è ambizioso e per il successo dei propri colori venderebbe mogli, figlie e genitori. C'è chi sta lì e guarda soltanto, nella normalità, si adatta. E c'è chi dice no, chi non antepone niente e nessuno davanti ad alcune convinzioni. Giuste o sbagliate che siano, ripetiamo per la terza volta.
Tutto gli si può dire agli Ultrà Lecce tranne che non abbiano tracciato una linea sempre. Che si muove in tutta coerenza. Giusto o sbagliato che sia sostenerla lo lasciamo giudicare a chi legge.
Ma dal nostro punto di osservazione siamo convinti che la Curva Nord abbia puntato il mirino in maniera circoscritta e precisa, senza condannare per intero il lavoro di questa società. Linea di credito che è rimasta nei confronti dei suoi massimi dirigenti, neanche tutti, ma di una parte fondamentale.
A nostro modo di pensare ieri a Martignano non si è rotto niente, non si è spaccato nessun giocattolo: la vicenda è circoscritta, Chiricò e chi l'ha voluto. Punto. Inizia e finisce lì. Per questo avanziamo molto umilmente la nostra altrettanto umilissima domanda da un milione di dollari: ne vale la pena?
Latina, Ascoli, Prato, Foggia e Cesena: questo calciatore non ha inciso mai, non ha spostato mai niente e quando l'ha fatto era per rompere qualcosa, come un elefante che entra in cristalleria. E' possibile che dobbiamo sacrificare e alterare una serie di rapporti per un calciatore così? E' così fondamentale per questa squadra? Cosa pesa di più sui piatti di questa bilancia virtuale, quel che rappresenta nel giudizio di una parte cospicua dell'ambiente o quel che vale tecnicamente?
La Curva Nord è già difficile che perdoni una volta e Meluso l'incidente l'aveva preso di striscio con la vicenda Strambelli: due volte pareva troppo. Per questo per la prima volta un uomo di questa società è finito nel mirino. Ma, ripetiamo, sembra esserci una valutazione di rispetto di fondo, di quelli che sono i sacrifici fatti in questi anni dalla nuova compagine societaria. Altrimenti sarebbe stato molto più alto il mirino della contestazione.
Per questo ci chiediamo: ne vale la pena? Andare avanti e mettere nelle condizioni di lavorare in una polveriera Liverani, ossia il prossimo (matematico) oggetto di contestazione, se utilizzerà il calciatore? Ne vale la pena? Perseverare e mettere anche la società intera nel mirino? Per Chiricò? Ne vale la pena?
Non si tratta di piegarsi o meno a qualcosa o qualcuno, di darla vinta, come si dice di solito, ma di mettere sul piatto della bilancia virtuale i benefici e gli aspetti negativi che si porta dietro questa vicenda: ne vale la pena?
Alla società spetta la scelta giusta.
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